Non ho mai apprezzato gli elogi o le mitizzazioni, specie quando si parla di eroi. Che poi eroe e mito non hanno mai smesso di intrecciarsi.
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” scriveva Bertolt Brecht. E forse è vero, ma qualche giorno fa mi sono imbattuto in una riflessione personale sul valore della parola “eroe” e non pensavo agli eroi greci, agli eroi patriottici o agli eroi per ideali. Pensavo a qualcos’altro.
Certo, gli eventi storici di questo periodo ci siamo accorti di altri eroi…ma di queste storie ne avrete già sentito parlare!
Mi chiedevo però se tra questi eroi ce ne fossero altri. “Sicuramente”, mi sono detto!
Ma chi sono? Cioè, di quali altri eroi abbiamo bisogno oggi?
La risposta l’ho trovata tra i vicoli solitari di qualche bella città, nei percorsi privi di indicazioni o più inaspettatamente di fronte alla vetrina di una bottega.
Sto parlando di quelle vie e quelle botteghe in cui è facile ritrovarsi faccia a faccia con un artigiano. Una figura tra le più antiche e nobili al mondo, simbolo di un Paese che non si arrende e che, anzi, crea, racconta e ricrea.
Dunque, vi presento il mio eroe: “l’homo artifex”, come lo chiama Richard Sannet nel suo celebre libro “l’uomo artigiano” (suggerisco la lettura), colui che persegue per sé e per la propria soddisfazione la ricerca dell’opera quasi perfetta.
Riciclano e riadattano senza mai correggere o perdere di vista il proprio prestigioso status di intermediari tra il presente e il diorama di un’idea.
L’uomo dell’arte, capace di padroneggiare il proprio mestiere senza mai lasciarsi intimorire dagli eventi del tempo. Sopravvissuto a guerre, rivoluzioni industriali, progresso tecnologico, crisi economiche e sociali, etc. Capace persino di resistere alla “quarta rivoluzione industriale”: Amazon.
Nell’era della serialità e dello frenato shopping online, l’artigiano risponde con la sua irripetibilità. Ma lo fa non come scelta commerciale, ma come statuto spirituale: maestro di manualità, fantasia ed unicità, l’artigiano non produce mai qualcosa di uguale all’altro, bensì racconta quanto la diversità di ogni singolo pezzo, sia semplicemente un valore.
In questo ritrovo quell’approccio molto vicino al mestiere del filmmaker, il mio mestiere. Non è ricerca di una diversa bellezza ma è coscienza della bellezza nella diversità.
Lui, l’artigiano, è ancora qui, con i suoi saperi, i suoi attrezzi e il suo atto d’amore. Qui e adesso, solo, silenzioso, concentrato.
Probabilmente anche in questo siamo accomunati dallo stesso destino.
Chissà! Ma non chiamateli eroi.